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Connessione veloce: l’Italia è al terzo posto in Europa

Connessione veloce: l’Italia è al terzo posto in Europa

Nel 2020, anno in cui la richiesta di connessione ultra veloce e affidabile si è fatta sentire come non mai, spinta da smart working e didattica a distanza, l’Italia accelera virtuosamente sulla digitalizzazione ed arriva a posizionarsi al terzo posto in Europa nella copertura delle connessioni in fibra ottica.

Un’accelerazione necessaria perché nell’anno della pandemia è fortemente cresciuta la domanda della tecnologia Ftth (Fiber to the home), ovvero la rete interamente in fibra ottica super potente e capace di raggiungere nelle nostre case la velocità di un Gigabit al secondo: la sua incidenza sul mercato italiano nelle nuove linee attivate è passata dal 30 a oltre il 40%. E di sicuro il trend non si fermerà nel 2021.

Connessione veloce: i dati secondo il report IDATE sulla situazione delle reti in fibra in Europa 

In base al report stilato da IDATE, l’Italia è ora al terzo posto (su 28 stati) nel ranking europeo di copertura Ftth. In particolare, con 3,8 milioni di unità immobiliari cablate nel corso del 2020 in Ftth, il nostro Paese è secondo come tasso di crescita annuale dopo la Francia (+4,7 milioni) e davanti a Germania (+1,9) e Regno Unito (+1,8).

A questa crescita ha contribuito per circa l’80% Open Fiber, la società nata con l’obiettivo di creare un’infrastruttura di rete a banda ultra larga Ftth in tutto il Paese e che, con circa 11,5 milioni di unità immobiliari abilitate ai servizi Ultra Broadband, si conferma di gran lunga il principale operatore italiano di reti in fibra ottica. Merito suo, insomma, se il digital divide con il resto del mondo si sta riducendo e se gli utenti italiani possono navigare con la connessione veloce.

Connessione veloce: i dati secondo il rapporto DESI 2020 della Commissione Europea

Come conferma il rapporto DESI 2020: sulla sola componente Ftth, l’Italia ha raggiunto un’incoraggiante copertura del 30% delle famiglie italiane (la media europea è del 34%), con una crescita del 6,1%, seconda solo al Regno Unito (+6,2%) e ben al di sopra della media europea (+4,5%). Ma il risultato va apprezzato ancora di più perché l’Italia non dispone delle reti «via cavo» che invece sono il fiore all’occhiello degli altri paesi europei.

È qui che l’opera di Open Fiber è stata decisiva. «L’Italia può fare ancora meglio ma non è affatto messa male — interviene Francesco Sacco, docente di Digital economy all’Università dell’Insubria e alla SDA Bocconi —. Siamo vicinissimi a tutti gli altri paesi e a questo risultato siamo arrivati in poco tempo. Se facciamo il punto al 2015, quando è stata creata Open Fiber, eravamo penultimi.

E pensare che avevamo iniziato con Fastweb nel 2000, quando era la prima società al mondo ad avere una rete in fibra completamente ottica e Full IP per permettere agli utenti di ottenere una connessione veloce. In breve Open Fiber è diventata terza in Europa per estensione della rete in fibra Ftth dietro Telefonica e Orange».

A far accrescere il numero degli abbonati interverranno anche nuovi player, alcuni dei quali non vengono nemmeno dal mondo delle Tlc. Open Fiber ha infatti stretto accordi con oltre 200 operatori nazionali e internazionali per l’utilizzo della sua rete Ftth. Tra i nuovi protagonisti di questo mercato ci saranno Sky, PostePay, Aruba, Iliad, Telespazio, Orange Business Service.

Ma si potrebbe fare ancora di più se i costi di migrazione e attivazione non frenassero gli utenti. È stata proprio l’Antitrust a segnalare al Governo nei giorni scorsi la necessità di modificare il Piano Voucher per la connettività in banda ultra larga favorendo proprio chi sceglie la tecnologia Gigabit più avanzata e non quelle con una potenza inferiore.

Open Fiber e il balzo in avanti del 2020: “Così vogliamo ridurre il digital divide”

Se c’è una cosa che ci ha salvati durante la pandemia, che ci ha permesso di lavorare e studiare da casa, è stata proprio la connessione veloce e la banda ultra larga. A cui è «connessa» anche un’altra questione da affrontare: le aree bianche, ovvero le zone meno popolate o i piccoli comuni. Portare la rete lì costa molto, sono aree più difficili da raggiungere e dove le infrastrutture vanno create da zero. Servono incentivi agli abbonamenti, per questo si parla di rifinanziarli escludendo dal voucher chi fa ancora uso di rame per portare la fibra in casa.

«Il Piano Voucher finora non è stato un successo se consideriamo che il 60% dei fondi è ancora lì. La misura andrebbe semplificata e garantita solo per le reti oltre 100 megabit. Open Fiber finora ha dovuto fare tutto da sola e nelle aree rurali abbiamo ora la seconda copertura, dopo la Francia».

C’è poi l’aspetto ambientale da non sottovalutare: un report elaborato da Wik dimostra come l’abbandono del rame e la rapida migrazione verso la fibra ottica porterebbe benefici in termini di riduzione di emissioni CO2 e di maggiore efficienza energetica, oltre che aumento dell’occupazione, maggiore affidabilità delle reti e prezzi più bassi per i clienti. Con questi obiettivi, il piano Open Fiber prevede di riuscire a coprire oltre 19 milioni di unità immobiliari entro il 2023, con un investimento tra fondi pubblici e privati di 7 miliardi di euro.

La copertura: tre aree per arrivare a tutti

Il MISE ha suddiviso l’Italia in tre tipologie di area. Quelle nere (i principali centri urbani) sono le zone più redditizie dove gli operatori infrastrutturali competono sul mercato. Comprendono oltre 12 milioni di unità immobiliari e circa il 40% della popolazione. Nelle aree bianche, comuni meno densamente popolati e aree rurali con circa 9,5 milioni di UI e circa il 40% della popolazione, gli operatori non hanno espresso interesse a intervenire.

Per assicurare una copertura di rete a quelle zone, il MISE ha lanciato tramite Infratel tre bandi (poi tutti aggiudicati a Open Fiber) per la realizzazione, manutenzione e gestione ventennale di una rete in fibra che rimane di proprietà
pubblica. Le aree grigie (specie distretti industriali) sono quelle in cui è presente un unico operatore di rete e non è ad ora prevista la realizzazione di una nuova infrastruttura. Comprendono circa 9.3 milioni di UI e il 20% della popolazione italiana.

Le partnership: accordi con oltre 200 operatori

Open Fiber è un operatore wholesale-only (all’ingrosso), cioè non vende servizi in fibra ottica direttamente al cliente finale, ma mette la sua infrastruttura a disposizione di tutti gli operatori interessati a parità di condizioni. Il mercato delle telecomunicazioni si è così aperto ad altri settori, tanto che Open Fiber ha stretto accordi con oltre 200 operatori nazionali e internazionali per l’utilizzo della sua rete FTTH, l’unica future proof, in grado di accogliere tutte le evoluzioni tecnologiche che verranno sviluppate nel corso degli anni. Sono tutti i principali operatori attivi in Italia eccetto TIM.

In particolare, negli ultimi mesi Open Fiber ha stretto accordi con Orange Business Service per fornire servizi a valore aggiunto alle imprese, con Sky Italia che veicolerà i suoi contenuti sulla rete OF, con iliad e PostePay che fanno il loro ingresso nel mondo della connettività su rete fissa, con Nokia, Telespazio, Eolo e Aruba.

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